Il Santo Profeta Geremia, uno dei quattro grandi profeti dell'Antico Testamento, era il figlio del sacerdote Helkiah dalla città di Anathoth vicino a Gerusalemme, nacque attorno al 650 a.C. Si narra che abbia cominciato a profetizzare all'età di 15 anni. Nelle sue profezie accusò gli ebrei di abbandonare il vero Dio, poiché essi adoravano gli idoli, previde pene e guerre devastanti. Si fermò alle porte della città, e all'ingresso del Tempio, ovunque la gente si riuniva, e li esortò con imprecazioni e spesso con le lacrime. Ma la gente non lo volle ascoltare, anzi rise di lui e giunse quasi ad ucciderlo.
Poi profetizzò l'imminente schiavitù al re di Babilonia, continuando ad implorare il suo popolo a tornare a Dio, ma ancora, infuriati per le funeste previsioni, gli anziani lo gettarono in una per lasciarlo morire e fu salvato solo per volere di Habdemelek, funzionario timorato di Dio. Sotto il re ebreo Sedecia la profezia si avverò: il re babilonese Nabucodonosor saccheggiò e distrusse Gerusalemme, uccidendo e sottomettendo la popolazione. Il profeta rimase presso le rovine della città soffrendo profondamente per la sventura della sua nazione e, secondo la tradizione, prese l'Arca dell'Alleanza con le Tavole della Legge e le nascose in una delle grotte del Monte Nabath, in modo che gli Ebrei non potessero più trovarle e lì sarebbero ancora nascoste.
Tra gli Ebrei rimasti in patria sorsero presto lotte intestine: Hodoliah, viceré di Nabucodonosor, venne assassinato e gli Ebrei, temendo l'ira di Babilonia, decisero di fuggire in Egitto. Il profeta Geremia cercò di metterli in guardia, dicendo loro che sarebbe stato meglio rimanere schiavi dei Babilonesi che allearsi con l'Egitto, ma essi non gli diedero ascolto e il profeta, nonostante tutto, decise di seguirli in Egitto. Qui il profeta visse per quattro, rispettato perfino dagli Egizi per via dei miracoli che compì, ma quando Geremia profetizzò che il re di Babilonia avrebbe invaso l'Egitto e annientato gli Ebrei che vivevano lì, essi lo uccisero, era l'anno 587 a.C.
Il profeta Geremia scrisse un Libro di Profezie e un Libro di Lamentazioni sulla desolazione di Gerusalemme e l'esilio. Inoltre profetizzò una nuova alleanza tra il popolo di Israele e il Signore, un'alleanza di salvezza la cui legge sarà scritta nell'animo e nel cuore del suo popolo.
Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da parte dei vostri connazionali come loro da parte dei Giudei, i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendo a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano la misura dei loro peccati! Ma ormai l'ira è arrivata al colmo sul loro capo.
Quanto a noi, fratelli, dopo poco tempo che eravamo separati da voi, di persona ma non col cuore, eravamo nell'impazienza di rivedere il vostro volto, tanto il nostro desiderio era vivo. Perciò abbiamo desiderato una volta, anzi due volte, proprio io Paolo, di venire da voi, ma satana ce lo ha impedito. Chi infatti, se non proprio voi, potrebbe essere la nostra speranza, la nostra gioia e la corona di cui ci possiamo vantare, davanti al Signore nostro Gesù, nel momento della sua venuta? Siete voi la nostra gloria e la nostra gioia.
Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fàllo anche qui, nella tua patria!». Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».
All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.