Originario di Colossi in Frigia, San Filemone era un uomo ricco e di nobili origini. Nella testimonianza di san Giovanni Crisostomo, Affia era sua moglie. Archippo fu senza dubbio il loro figlio e Onesimo era il loro schiavo pagano. Onesimo fuggì a Roma, dove l'apostolo Paolo lo trovò, lo portò di nuovo al senso della verità e della virtù, e lo rimandò al suo padrone, sempre con una lettera che l'apostolo prigioniero indirizzò a Filemone, intorno all'anno 61-62.
Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timòteo al nostro caro collaboratore Filèmone,
Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timòteo al nostro caro collaboratore Filèmone, alla sorella Appia, ad Archippo nostro compagno d'armi e alla comunità che si raduna nella tua casa: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.
Rendo sempre grazie a Dio ricordandomi di te nelle mie preghiere, perché sento parlare della tua carità per gli altri e della fede che hai nel Signore Gesù e verso tutti i santi. La tua partecipazione alla fede diventi efficace per la conoscenza di tutto il bene che si fa tra voi per Cristo. La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, fratello, poiché il cuore dei credenti è stato confortato per opera tua.
Per questo, pur avendo in Cristo piena libertà di comandarti ciò che devi fare, preferisco pregarti in nome della carità, così qual io sono, Paolo, vecchio, e ora anche prigioniero per Cristo Gesù; ti prego dunque per il mio figlio, che ho generato in catene, Onesimo, quello che un giorno ti fu inutile, ma ora è utile a te e a me. Te l'ho rimandato, lui, il mio cuore.
Avrei voluto trattenerlo presso di me perché mi servisse in vece tua nelle catene che porto per il vangelo. Ma non ho voluto far nulla senza il tuo parere, perché il bene che farai non sapesse di costrizione, ma fosse spontaneo. Forse per questo è stato separato da te per un momento perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello carissimo in primo luogo a me, ma quanto più a te, sia come uomo, sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri come amico, accoglilo come me stesso. E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. Lo scrivo di mio pugno, io, Paolo: pagherò io stesso. Per non dirti che anche tu mi sei debitore e proprio di te stesso! Sì, fratello! Che io possa ottenere da te questo favore nel Signore; da' questo sollievo al mio cuore in Cristo!
Ti scrivo fiducioso nella tua docilità, sapendo che farai anche più di quanto ti chiedo.
Al tempo stesso preparami un alloggio, perché spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi restituito.
Ti saluta Epafra, mio compagno di prigionia per Cristo Gesù, con Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei collaboratori.
La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito.