La vicenda storica di sant'Eusebio è legata al conflitto che la Chiesa ha vissuto con l'eresia ariana. Sant'Eusebio fu nominato vescovo di Samosata, ma la sua elezione, come spesso in quel periodo accadeva a molti altri vescovi, veniva contrastata dagli ariani che cercavano di mettere propri uomini di fiducia nelle sedi episcopali. Lui si dimostrò un grande difensore dell'ortodossia espressa dal Concilio di Nicea nel 325 e questo gli valse anche l'esilio nella regione della Tracia nel 374 sotto il regno dell'imperatore Valente. Alla morte di Valente, ucciso ad Adrianopoli nel 378, Eusebio potè rientrare dall'esilio e iniziò un'opera di riorganizzazione, ordinando per le chiese della Siria uomini noti per le loro virtù e ortodossia.
Verso l'anno 380, mentre stava entrando in un villaggio per intronizzare un vescovo che aveva consacrato, una donna ariana gli gettò una tegola di argilla da un tetto, ferendolo mortalmente alla testa, e mentre stava morendo, legò gli astanti con giuramenti affinché questi non attuassero nessuna forma vendetta.