Nell'anno 626, Persiani, Avari e Slavi assediarono la città imperiale di Costantinopoli, mentre l'imperatore Eraclio e il corpo principale dell'esercito bizantino erano in Oriente. Le navi nemiche avevano occupato il Corno d'Oro e sulla terra gli avversari erano pronti per l'attacco con fanti, cavalli e macchine da guerra. Anche se i cittadini cercavano coraggiosamente di resistere, erano pochi e incapaci di respingere l'attacco di un tale grande esercito. Non restava altro che sperare nella protezione della Theotòkos, la Madre di Dio.
All'improvviso una tempesta violenta si abbatté sulle navi nemiche facendole affondare e le truppe di terra degli invasori furono scacciate dal quartiere di Blacherne dove si trovava la famosa Chiesa della Theotòkos. Prendendo coraggio da questo evento miracoloso la gente uscì dalla città e respinse le forze rimanenti, che fuggirono per la paura. Nel 673, la città fu miracolosamente liberata ancora una volta da una invasione degli Arabi. Poi, nel 717-718, guidati dal generale saraceno Maslamah, la flotta araba assediò nuovamente la città. La superiorità numerica del nemico fu così travolgente che la caduta della città imperiale sembrava imminente. Ma la Madre di Dio, insieme a una moltitudine di schiere angeliche, apparve all'improvviso sopra le mura della città. Le forze nemiche fuggirono gettate nel panico da quell'apparizione. Poco dopo la flotta araba fu completamente distrutta da una terribile tempesta nel mar Egeo, alla vigilia dell'Annunciazione, il 24 marzo 718.
Da allora venne istituita una speciale “festa della vittoria e del ringraziamento” per celebrare e commemorare queste liberazioni ad opera della Madre di Dio e l'Inno Akatistos, per la sua magnificenza, ne detiene il posto d'onore. Sembra che anche prima degli assalti nemici narrati, l'Akatistos fosse già in uso come servizio previsto per la festa dell'Annunciazione, insieme con il kontakion, “Quando l'angelo seppe l'arcana missione...”, che ha come tema l'Annunciazione. Ed è stato solo in occasione del grande miracolo del 718 che l'inno “A te che, qual condottiera…” è stato composto, molto probabilmente da San Germano, Patriarca di Costantinopoli.
Gli storici hanno attribuito l'Inno Akatistos a diversi autori: a Sergio, patriarca di Costantinopoli (638), a san Giorgio il Confessore, vescovo di Pisidia (818), o anche a san Fozio il Grande (891), tutti vissuti durante o dopo gli assedi narrati. Tuttavia, sembra più probabile dal suo linguaggio, dai contenuti e dallo stile che il vero compositore dell’inno Akatistos sia san Romano il Melode (VI sec.).
Τὸ προσταχθὲν μυστικῶς, λαβὼν ἐν γνώσει, ἐν τῇ σκηνῇ τοῦ Ἰωσήφ, σπουδῇ ἐπέστη, ὁ Ἀσώματος λέγων τῇ Ἀπειρογάμῳ· ὁ κλίνας τῇ καταβάσει τοὺς οὐρανούς, χωρεῖται ἀναλλοιώτως ὅλος ἐν σοί. Ὃν καὶ βλέπων ἐν μήτρᾳ σου, λαβόντα δούλου μορφήν, ἐξίσταμαι κραυγάζειν σοι, χαῖρε, Νύμφη ἀνύμφευτε!
Tó prostachthén mystikó̱s, lavó̱n en gnó̱si, en tí̱ ski̱ní̱ tú Io̱sí̱f, spoudí̱ epésti, o Asó̱matos légo̱n tí̱ Apirogámo̱: o klínas tí̱ katavásei tús uranús, cho̱reíte anallió̱to̱s ólos en sí. Ón kié vlépo̱n en mí̱tra su, lavónta dúlu morfí̱n, exístame kravgázin si, chiére, Nýmfi̱ anýmfef̱te!
Quando l’Angelo seppe la missione arcana si recò subito alla casa di Giuseppe e alla Vergine disse: in te si racchiude Colui che, discendendo, fa abbassare i cieli e resta immutato. Io vedendolo prendere forma di servo nel tuo seno, estatico, esclamo a Te: Salve, o Sposa inviolata!
Τῇ ὑπερμάχῳ στρατηγῷ τὰ νικητήρια, ὡς λυτρωθεῖσα τῶν δεινῶν εὐχαριστήρια, ἀναγράφω σοι ἡ Πόλις σου Θεοτόκε· Ἀλλ' ὡς ἔχουσα τὸ κράτος ἀπροσμάχητον, ἐκ παντοίων με κινδύνων ἐλευθέρωσον, ἵνα κράζω σοι· Χαῖρε νύμφη ἀνύμφευτε.
Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, os litrothìsa ton dhinòn evcharistìria anagràfo si i Pòlis su, Theotòke. All’òs èchusa to kràtos aprosmàchiton, ek pandìon me kindhìnon elefthèroson, ìna kràzo si: Chère, Nìmfi anìmfevte.
A te che, qual condottiera, per me combattesti, innalzo l’inno della vittoria; a te porgo i dovuti ringraziamenti io che sono la tua città, o Madre di Dio. Tu, per la invincibile tua potenza, liberami da ogni sorta di pericoli, affinché possa a te gridare: salve, o sposa sempre vergine.
Certo, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno. Fu costruita infatti una Tenda: la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell'offerta: essa veniva chiamata il Santo. Dietro il secondo velo poi c'era una Tenda, detta Santo dei Santi, con l'altare d'oro per i profumi e l'arca dell'alleanza tutta ricoperta d'oro, nella quale si trovavano un'urna d'oro contenente la manna, la verga di Aronne che aveva fiorito e le tavole dell'alleanza. E sopra l'arca stavano i cherubini della gloria, che facevano ombra al luogo dell'espiazione. Di tutte queste cose non è necessario ora parlare nei particolari.
Disposte in tal modo le cose, nella prima Tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrarvi il culto; nella seconda invece solamente il sommo sacerdote, una volta all'anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per i peccati involontari del popolo.
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
Allora Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome.»
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.