Sinassario

Nel Grande e Santo Venerdì si celebra e si contempla in modo meraviglioso il compimento del Mistero della Salvezza, operata da Cristo attraverso la sua crocifissione e morte.

Cristo, Dio-Uomo, ama l'uomo fino alla perfezione donando la sua vita. La sua condiscendenza fa stupire gli Angeli e l'universo intero. Il Signore, che è la Vita, patisce e muore perché egli stesso spontaneamente ha accettato e assunto la natura di servo (Fil. 2, 7) per salvare quello che senza l'avvenimento della Pasqua sarebbe stato perduto. La «sinkatàvasis» che fa stupire gli Angeli consiste in un certo senso nella manifestazione spontanea di Dio; Egli che è incomprensibile, inconcepibile, invisibile, si fà vedere, si fà conoscere, come dice S. Giovanni.

Cristo con la sua crocifissione e morte ha crocifisso il nostro uomo vecchio e ci ha liberati dalla corruzione e dalla schiavitù del peccato. Questo è stato possibile perché colui che è morto è libero dal peccato. Il grido di Gesù sulla croce: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?» è il dramma altissimo di una esistenza che la croce sembra vanificare.

Eppure in quel momento «tutto è compiuto» per colui che ha fede. Ed infatti l'umanità credente, davanti al Crocifisso che muore, esclama per bocca del centurione: «Costui era veramente il Figlio di Dio». La prova che il Cristo avrebbe sconfitto la morte è nelle parole che egli rivolge al buon ladrone: «In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso». Dei due ladroni crocifissi con Gesù, uno lo insultava, mentre l'altro lo confessava come Cristo Salvatore: «Uno dei due crocifissi con te ti insultava, mentre l'altro lo confessava come Cristo Salvatore».

«Uno dei due crocifissi con te ti insultava, mentre l'altro ti riconosceva come Dio», dice S. Andrea di Creta, nel Gran Canone, la croce di Cristo fu in quel momento come una bilancia di giustizia sul mondo intero nella persona dei due malfattori. Fu giudizio e salvezza per i due malfattori e nella loro persona per tutta l'umanità.

Inni

APOLITIKION

εὐσχήμων Ἰωσήφ, ἀπὸ τοῦ ξύλου καθελών, τὸ ἄχραντόν σου Σῶμα, σινδόνι καθαρᾷ εἱλήσας καὶ ἀρώμασιν, ἐν μνήματι καινῷ κηδεύσας ἀπέθετο· ἀλλὰ τριήμερος ἀνέστης Κύριε, παρέχων τῷ κόσμῳ τὸ μέγα ἔλεος.

O efskìmoni Josif apo tu xìlu kathelòn, to achrandòn su sòma, sindòni katharà, ilìsas kiè aròmasin, en mnìmati kenò kidèfsas apètheto.

Il nobile Giuseppe, deposto dalla Croce l'immacolato tuo corpo, l'avvolse in un bianco lenzuolo e cosparsolo di aromi, gli rese i funebri onori e lo depose in un sepolcro nuovo.

* * * * *

Ταῖς μυροφόροις Γυναιξί, παρὰ τὸ μνῆμα ἐπιστάς, ὁ Ἄγγελος ἐβόα· Τὰ μύρα τοῖς θνητοῖς ὑπάρχει ἁρμόδια, Χριστὸς δὲ διαφθορᾶς ἐδείχθη ἀλλότριος· ἀλλὰ κραυγάσατε· Ἀνέστη ὁ Κύριος, παρέχων τῷ κόσμῳ τὸ μέγα ἔλεος.

Tes mirofòris ghinnexì parà to mnìma epistàs, o anghelos evòa. Ta mira tis thnitìs ipàrchi armòdia, Xristòs de diafthoràs edichthi allòtrios.

Fermatosi dinnanzi alla tomba, l'Angelo alle donne recanti aromi gridò: gli aromi si addicono ai mortali, Cristo invece s'è mostrato alieno da ogni corruzione.

Epistola

(vespro del Grande Venerdì)

LETTURE:

Esodo 33,11-23

 Così il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla con un altro. Poi questi tornava nell'accampamento, mentre il suo inserviente, il giovane Giosuè figlio di Nun, non si allontanava dall'interno della tenda.
 Mosè disse al Signore: «Vedi, tu mi ordini: Fa' salire questo popolo, ma non mi hai indicato chi manderai con me; eppure hai detto: Ti ho conosciuto per nome, anzi hai trovato grazia ai miei occhi.  Ora, se davvero ho trovato grazia ai tuoi occhi, indicami la tua via, così che io ti conosca, e trovi grazia ai tuoi occhi; considera che questa gente è il tuo popolo».
 Rispose: «Io camminerò con voi e ti darò riposo».  Riprese: «Se tu non camminerai con noi, non farci salire di qui.  Come si saprà dunque che ho trovato grazia ai tuoi occhi, io e il tuo popolo, se non nel fatto che tu cammini con noi? Così saremo distinti, io e il tuo popolo, da tutti i popoli che sono sulla terra».
 Disse il Signore a Mosè: «Anche quanto hai detto io farò, perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome».
 Gli disse: «Mostrami la tua Gloria!».
 Rispose: «Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia».  Soggiunse: «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo».  Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe:  quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato.  Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere».

Giobbe 42,12-22

 Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine.  Ebbe anche sette figli e tre figlie.  A una mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio.  In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell'eredità insieme con i loro fratelli.
 Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni.  Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.

Isaia 52,13-54,1

 Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e molto innalzato.
 Come molti si stupirono di lui
- tanto era sfigurato per essere d'uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell'uomo -
 così si meraviglieranno di lui molte genti;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.

 Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
 È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
 Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
 Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
 Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
 Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l'iniquità di noi tutti.
 Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
 Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
 Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
 Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
 Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.
 Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori.

 Esulta, o sterile che non hai partorito,
prorompi in grida di giubilo e di gioia,
tu che non hai provato i dolori,
perché più numerosi sono i figli dell'abbandonata
che i figli della maritata, dice il Signore.

 

EPISTOLA:

1Corinzi 1,18-2,2

 La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio.  Sta scritto infatti:
Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l'intelligenza degli intelligenti
.
 Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?  Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione.  E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza,  noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani;  ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio.  Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
 Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili.  Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti,  Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono,  perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio.  Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione,  perché, come sta scritto:
Chi si vanta si vanti nel Signore.

 Anch'io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza.  Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso.

Vangelo

(vespro del Grande Venerdì)

Matteo 27,39-54

 E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo:  «Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!».  Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano:  «Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.  Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!».  Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.  Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra.  Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».  Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia».  E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere.  Gli altri dicevano: «Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!».  E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
 Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono,  i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono.  E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.  Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

Giovanni 19,31-37

 Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via.  Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui.  Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe,  ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
 Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.  Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso.  E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

Matteo 27,55-61

 C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo.  Tra costoro Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
 Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatèa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù.  Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato.  Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo  e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.  Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Màgdala e l'altra Maria.