Sinassario

Il tema dell’Ortodossia caratterizza anche questa seconda domenica dei digiuni della Grande Quaresima, infatti le Chiese di tradizione bizantina in questo giorno commemorano san Gregorio Palamas (1296-1359), monaco e vescovo di Tessalonica, che nel 1368 divenne emblema della riforma spirituale che si stava definendo nel monachesimo bizantino del XIV secolo. Cresciuto nella corte imperiale di Costantinopoli dove ricevette una formazione sia filosofica che religiosa, decise di farsi monaco e col tempo divenne il principale difensore dell’esicasmo, una particolare forma di ascesi praticata nei monasteri del Monte Athos. I monaci esicasti, ovvero coloro che  praticavano questo metodo di preghiera personale (vedi Mt6,6) con l’ausilio di tecniche di concentrazione psicosomatiche, consideravano possibile contemplare in se stessi la luce increata di Dio.

Questi monaci nel XIV secolo si scontrarono con Barlaam di Seminara, detto anche il Calabro, un monaco assai colto in filosofia e teologia apofatica, che, verso il 1330, si era stabilito a Costantinopoli. Per Barlaam la pratica esicasta era motivo di scandalo e considerava le tesi a sostegno di essa «dottrine assurde [...] prodotti di una fallace credenza e di un'immaginazione sconsiderata» (Lettera V a Ignazio). Accusò i monaci che la praticavano di essere eretici messaliani e li derise per la loro postura assunta durante la preghiera.

Ma la questione che si stava dibattendo tra i monaci e Barlaam, in realtà, era assai più profonda e non riguardava solamente il metodo di preghiera esicasta, ma la stessa Teologia, poiché le posizioni assunte da Barlaam intaccavano la reale possibilità della conoscibilità di Dio da parte degli uomini e la loro divinizzazione. Barlaam, infatti, cresciuto in Calabria ed influenzato dalla teologia scolastica occidentale affermava che la grazia apparteneva all’ordine della creazione, e in questa vita, l'unione che per mezzo di essa si realizzava con Dio era più simbolica che reale.

San Gregorio, chiamato a difesa dei monaci, dimostrò che la pratica esicasta apparteneva alla tradizione monastica ortodossa, e per difendere la possibilità della contemplazione della luce divina increata (che lui chiama anche grazia), fece riferimento alla Tradizione dei Padri e al passo del vangelo di Matteo (Mt 17,1-9), dove si racconta l’episodio della Trasfigurazione del Signore sul monte Tabor; secondo san Gregorio, infatti, in quella occasione Pietro Giacomo e Giovanni videro il Signore che “fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” - ossia - videro la luce divina increata manifestarsi nel Signore. Se la videro gli Apostoli significa che, potenzialmente, ogni cristiano può pervenire alla medesima luce e quindi ogni uomo, con l’aiuto della pratica esicasta, senza alcun automatismo, ma per dono divino, può vedere la luce divina increata manifestarsi in lui.

Ma l'apologetica di san Gregorio difese anche la visione della salvezza della teologia bizantina, che si basa sull’assioma espresso da sant'Atanasio di Alessandria e ripreso in seguito da molti Padri della Chiesa: «Dio si è fatto uomo perché l'uomo possa divenire come Dio». I Padri infatti considerano la divinizzazione (théòsis), ovvero la partecipazione alla vita divina, il fine ultimo della vita umana, e la divinizzazione avviene solamente se l’uomo in questa vita può entrare in comunione diretta e non simbolica con Dio stesso, che, come dice la Scrittura, va ad abitare in lui (Gv 14,23). Ma se l'unione con Dio, come sosteneva Barlaam, era più simbolica che reale la divinizzazione era impossibile.

San Gregorio per garantire la divinizzazione e allo stesso tempo la trascendenza di Dio introdusse una distinzione tra l’essenza divina (ousìa) e le operazioni  (enérgeia) compiute da essa. Dio nella sua essenza resta inconoscibile e trascendente il creato, ma per le sue energie, o grazia, ha il potere di divenire immanente, visibile e sperimentabile a vario modo da tutte le creature.

Per questa distinzione che salvaguarda la semplicità di Dio, la sua presenza nel creato e in modo particolare nella vita dell'uomo e allo stesso tempo ne garantisce la sua alterità, e per la difesa dei monaci esicasti, fu canonizzato e assunto come emblema della retta fede della Chiesa Ortodossa. Il patriarca Filoteo nel 1368 realizzò per lui un servizio liturgico completo e, sebbene il Santo morì il 14 di novembre, si stabilì che la sua memoria fosse celebrata nella seconda domenica dei digiuni della Grande Quaresima.

Inni

APOLITIKION

Ότε κατήλθες προς τον θάνατον,  η ζωή  η αθάνατος,  τότε τον άδην ενέκρωσας, τη αστραπή της θεότητος, ότε δε και τους τεθνεώτας,  εκ των καταχθόνιων ανέστησας, πάσαι αι δυνάμεις των επουρανίων εκραύγαζον Ζωοδότα Χριστέ, ο Θεός ημών, δόξα σοι.

Ote katìlthes pros ton thànaton, * i Zoì i athànatos, * tòte ton Àdhin enèkrosas * ti astrapì tis Theòtitos; * òte dhe ke tus tethneòtas * ek ton katachthonìon anèstisas, * pàse e dhinàmis * ton epuranìon ekrávgazon: * Zoodhòta Christè, o Theòs imòn, dhòxa si.

Quando Tu, vita immortale, discendesti incontro alla morte, allora annientasti l’Inferno col fulgore della divinità; ma allorché risuscitasti i morti dai luoghi sotterranei, tutte le potenze sovracelesti esclamarono: Cristo, Dio  nostro, datore di vita, gloria a Te!

* * * * *

ρθοδοξίας ὁ φωστὴρ, Ἐκκλησίας τὸ στήριγμα καὶ διδάσκαλε, τῶν μοναστῶν ἡ καλλονὴ, τῶν θεολόγων ὑπέρμαχος ἀπροσμάχητος· Γρηγόριε θαυματουργὲ Θεσσαλονίκης τὸ καύχημα κήρυξ τῆς χάριτος· ἱκέτευε διὰ παντός, σωθῆναι τὰς ψυχὰς ἡμῶν.

Orthodoxías o fostír, Ekklisías tó stírigma kiè didáskale, tón monastón i kalloní, tón theológon ypérmachos aprosmáchitos: Grigórie thavmaturghé Thessaloníkis tó káfchima kírix tís cháritos: ikiéteve diá pantós, sothí̱ne tás psichás imón.

Astro dell'ortodossia, sostegno e maestro della Chiesa, bellezza dei monaci, imbattibile difensore dei teologi, o Gregorio taumaturgo, vanto di Tessalonica, araldo di grazia, prega sempre per la salvezza delle anime nostre.

 

KONDAKION

Τῇ ὑπερμάχῳ στρατηγῷ τὰ νικητήρια, ὡς λυτρωθεῖσα τῶν δεινῶν εὐχαριστήρια, ἀναγράφω σοι ἡ Πόλις σου Θεοτόκε· Ἀλλ' ὡς ἔχουσα τὸ κράτος ἀπροσμάχητον, ἐκ παντοίων με κινδύνων ἐλευθέρωσον, ἵνα κράζω σοι· Χαῖρε νύμφη ἀνύμφευτε.

Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, os litrothìsa ton dhinòn evcharistìria anagràfo si i Pòlis su, Theotòke. All’òs èchusa to kràtos aprosmàchiton, ek pandìon me kindhìnon elefthèroson, ìna kràzo si: Chère, Nìmfi anìmfevte.

A te che, qual condottiera, per me combattesti, innalzo l’inno della vittoria; a te porgo i dovuti ringraziamenti io che sono la tua città, o Madre di Dio. Tu, per la invincibile tua potenza, liberami da ogni sorta di pericoli, affinché possa a te gridare: salve, o sposa sempre vergine.

Epistola

Ebrei 1,10-2,3

E ancora:
Tu, Signore, da principio hai fondato la terra
e opera delle tue mani sono i cieli.
Essi periranno, ma tu rimani;
invecchieranno tutti come un vestito.
Come un mantello li avvolgerai,
come un abito e saranno cambiati;
ma tu rimani lo stesso, e gli anni tuoi non avranno fine
.
A quale degli angeli poi ha mai detto:
Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi
?
Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza? Proprio per questo bisogna che ci applichiamo con maggiore impegno a quelle cose che abbiamo udito, per non andare fuori strada. Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione, come potremo scampare noi se trascuriamo una salvezza così grande? Questa infatti, dopo essere stata promulgata all'inizio dal Signore, è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l'avevano udita,

Vangelo

Mc 2,1-12

Ed entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola.
Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov'egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati».
Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?».
Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua». Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».