Sinassario

La festa dell'Ypapantì, o dell'Incontro di Nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo, ha avuto origine a Gerusalemme. Da qui la festa si è diffusa in tutta la Chiesa. Nella Chiesa d'Occidente è stata mantenuta la solenne processione e la benedizione delle candele, come avveniva a Gerusalemme nel IV secolo, da cui il nome Candelora.

Questa festa, che chiude il ciclo della Natività secondo la carne di Nostro Signore, ci ricorda che il quarantesimo giorno dopo la nascita del suo figlio primogenito, Maria lo portò nel Tempio, secondo quanto prescritto dalla Legge mosaica, per offrirlo al Signore e per riscattarlo attraverso il sacrificio di una coppia di tortore o di colombi (Lc 2,22-37). In questa occasione colui che in precedenza aveva dato la Legge a Mosè si sottomette ai precetti della Legge, per testimoniare come, per amore degli uomini, si sia fatto uno di loro. Inoltre l'offerta di Gesù al Padre, compiuta nel Tempio, prelude alla sua offerta sacrificale sulla croce. Questo momento rappresenta anche la prima manifestazione di Gesù al suo popolo attraverso la persona di Simeone, ecco perché la festa si chiama "Ypapantì-Incontro".

Simeone, uomo ormai anziano, era da lungo tempo in attesa della salvezza di Dio, ma, per rivelazione divina, sapeva che non sarebbe morto fino a quando non avesse visto il Messia. Quel giorno, guidato dallo Spirito Santo, si recò al Tempio e quando vide Gesù, riconoscendolo, disse:

“Ora lascia, o Sovrano, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” (Lc. 2,25-31).

Vangelo

Lc 2,22-40

Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
«Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli,
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele
».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

Epistola

Eb 7,7-17

Ora, senza dubbio, è l'inferiore che è benedetto dal superiore. Inoltre, qui riscuotono le decime uomini mortali; là invece le riscuote uno di cui si attesta che vive. Anzi si può dire che lo stesso Levi, che pur riceve le decime, ha versato la sua decima in Abramo: egli si trovava infatti ancora nei lombi del suo antenato quando gli venne incontro Melchìsedek.
Or dunque, se la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico - sotto di esso il popolo ha ricevuto la legge - che bisogno c'era che sorgesse un altro sacerdote alla maniera di Melchìsedek, e non invece alla maniera di Aronne? Infatti, mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della legge. Questo si dice di chi è appartenuto a un'altra tribù, della quale nessuno mai fu addetto all'altare. È noto infatti che il Signore nostro è germogliato da Giuda e di questa tribù Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio.
Ciò risulta ancor più evidente dal momento che, a somiglianza di Melchìsedek, sorge un altro sacerdote, che non è diventato tale per ragione di una prescrizione carnale, ma per la potenza di una vita indefettibile. Gli è resa infatti questa testimonianza:
Tu sei sacerdote in eterno alla maniera di Melchìsedek.

Inni

APOLITIKION

Χαίρε, Κεχαριτωμένη Θεοτόκε παρθένε εκ σου γαρ ανέτειλεν ο ήλιος της δικαιοσύνης, Χριστός ο Θεός ημών, φωτίζων τους εν σκότει. Ευφραίνου και συ, πρεσβύτα δίκαιε, δεξάμενος εν αγκάλαις τον ελευθερωτήν των ψυχών ημών χαριζόμενον ημίν και την ανάστασιν.

Chère, kecharitomèni Theotòke Parthène; * ek su gar anètilen o Ílios tis dhikeosìnis * Christòs o Theòs imòn * fotìzon tus en skòti. * Evfrénu ke sì, Presvìta dhìkee, * dhexámenos en angàles * ton eleftherotìn ton psichòn imòn * charizòmenon imìn ke tin Anàstasin.

Salve, o piena di grazia, Madre di Dio e Vergine, poiché da te spuntò il sole di giustizia, Cristo Dio nostro, illuminante coloro che giacevano nelle tenebre. Rallegrati anche tu, giusto Vegliardo, che hai ricevuto tra le braccia il Redentore delle anime nostre, che ci dona anche la Resurrezione.

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KONDAKION

Ο μήτραν παρθενικήν αγιάσας τω τόκω σου, και χείρας του Συμεών ευλογήσας, ως έπρεπε, προφθάσας και νυν, έσωσας ημάς, Χριστέ ο Θεός. Αλλ’ ειρήνευσον εν πολέμοις το πολίτευμα, και κραταίωσον βασιλείς, ους ηγάπησας, ο μόνος φιλάνθρωπος.

O mìtran parthenikìn * aghiàsas to tòko su, * ke chìras tu Simeòn * evloghìsas, os èprepe, * profthàsas ke nìn * èsosas imàs, Christè o Theòs. * All’irìnevson * en polèmis to polìtevma, * ke kratèoson * vasilìs ùs igàpisas, * o mònos filànthropos.

Tu che hai santificato con la tua nascita il seno della Vergine ed hai benedetto come conveniva le mani di Simeone, sei venuto e hai salvato anche noi, Cristo Dio. Conserva nella pace il tuo popolo e rendi forti coloro che ci governano, o solo amico degli uomini.

 

«Ακατάληπτον Εστί»: il meraviglioso megalynaria dell'Ypapantì